Svolgimento del processo
Con citazione notificata il 7 settembre 1982 l'I.N.A.I.L. esponeva che il 13 gennaio 1977, a Como, Giovanni Bernasconi, dipendente della locale Amministrazione comunale in qualità di giardiniere, si era gravemente infortunato, precipitando al suolo da un cestello posto sul braccio mobile di un autocarro di proprietà dell'impresa Belluschi Verniciature, e che ciò era accaduto per il ribaltamento del cestello medesimo dovuto al fatto che il conducente del mezzo, Francesco Crippa, dipendente della Belluschi, aveva omesso di estrarre i bracci posti sulla fiancata sinistra, Deducendo d'avere erogato per l'infortunio prestazioni per lire 10.488.234, conveniva davanti al Tribunale di Como l'impresa Belluschi ed il Crippa onde sentirli solidalmente condannare al pagamento di tale importo.
Costituitisi i convenuti, il Crippa deduceva che l'incidente era accaduto nell'ambito d'un rapporto di «cessione» dell'autocarro e di lui stesso dall'impresa Belluschi al Comune di Como, e quindi era quest'ultimo che doveva essere considerato responsabile ex art. 2049 c.c. Chiedeva pertanto - ed otteneva - di chiamarlo in causa.
Il Comune di Como, vocato, eccepiva che il Crippa non era suo dipendente, concludendo per il rigetto della domanda.
Istruita la causa, l'adito Tribunale condannava il Belluschi ed il Crippa a pagare all'I.N.A.I.L. la somma di lire 27.240.322, e, su appello (principale) del Belluschi e (incidentale) del Crippa e dell'I.N.A.I.L., la Corte d'Appello di Milano confermava la sentenza gravata. Premetteva la Corte in diritto che, secondo la giurisprudenza della cassazione, il contratto di noleggio di cose mobili si distingue dalla locatio rei perché nel primo una parte, senza attribuire all'altra il godimento della cosa, si obbliga a compiere con questa, mediante l'opera sua o di propri dipendenti, determinate attività in favore della controparte, sicché i rischi connessi alle stesse ricadono sul noleggiante nella cui sfera d'attività rimane il bene oggetto del contratto, senza alcuna ingerenza del noleggiatore, mentre invece nel rapporto di locazione il conduttore acquista la detenzione della cosa, che entra nell'ambito della sua disponibilità, e comporta l'assunzione, da parte sua, dei rischi inerenti all'utilizzazione della medesima, anche se eventualmente alla locazione si accompagni il distacco di personale del locatore, che temporaneamente venga inserito nell'organizzazione aziendale del conduttore. Osservava quindi, in punto di fatto, che il contratto doveva essere qualificato noleggio e non locazione di cosa mobile, poiché dalle prove assunte era bensì emerso che le operazioni di rimozione degli addobbi natalizi sugli alberi (per svolgere le quali era stato appunto richiesto l'autocarro dell'impresa Belluschi) erano state eseguite secondo gli ordini impartiti dai tecnici comunali, e tuttavia era del pari emerso che essi ordini concernevano «la scelta degli alberi e le modalità di esecuzione dei lavori da effettuare (...), ma non anche le modalità tecniche di impiego dell'automezzo e, più specificamente, il compimento delle manovre necessarie per assicurare la stabilità del veicolo, e quindi la sicurezza delle persone che lavoravano su di esso». Tale ambito di attività - puntualizzava - doveva ritenersi estraneo ai poteri di direzione e di vigilanza dei dipendenti del Comune noleggiatore, con conseguente responsabilità dell'impresa noleggiante per i danni causati dal proprio dipendente Crippa, che non risultava in alcun modo inserito nell'organizzazione aziendale del Comune, nello svolgimento di detta attività, la quale rientrava nei poteri di disponibilità dell'appellante.
Per la cassazione della sentenza la Belluschi ha proposto ricorso sulla base di due motivi illustrati da memoria. Resiste con controricorso il Comune di Como.
Motivi della decisione
Deve pregiudizialmente rigettarsi l'eccezione di inammissibilità del controricorso, pur genericamente dedotta dalla ricorrente, in memoria difensiva, sotto il profilo della tardività.
Invero, considerato che il ricorso per cassazione fu notificato alle controparti il 12 giugno 1995, ne deriva che il termine per il deposito dell'atto scadeva, ai sensi dell'art. 369, primo comma, c.p.c., il 2 luglio 1995, che però era giorno di domenica, onde la scadenza era prorogata al primo giorno seguente non festivo (art. 155, quarto comma, c.p.c), cioè al 3 luglio. Da questa data decorrevano i venti giorni ex art. 370, primo comma, c.p.c. per il deposito del controricorso, ma il giorno 23 luglio cadeva nuovamente di domenica, e quindi il termine era prorogato al giorno 24.
La conclusione è che il controricorso, in quanto notificato proprio il 24 luglio 1995, è da intendere tempestivo.
Ciò detto, con il primo motivo, denunziando violazione dell'art. 1571 c.c. e falsa applicazione dell'art. 384 cod. nav. in relazione all'art. 360, n. 3, c.p.c., la ricorrente censura la sentenza del giudice di secondo grado deducendo che il principio di diritto enunciato da questa Corte, cui esso giudice sì era conformato, doveva condurre a ritenere la sussistenza di un'ipotesi di locatio rei. Infatti il Crippa, secondo quanto accertato dai giudici del merito, assumeva ordini e direttive, sul lavoro da compiere, da parte dei tecnici comunali, e d'altro canto, nelle operazioni di rimozione degli addobbi l'impresa Belluschi non aveva alcun potere d'intervento, così derivandone che tanto il mezzo tecnico, che il dipendente, in quanto a disposizione del Comune, non erano più nella disponibilità della Belluschi. Era invece indifferente il fatto che il personale addetto alla macchina fosse o no il solo ad avere le capacità tecniche per manovrarla, essendo evidente che, in tanto si distacca una persona insieme alla cosa, in quanto la prima abbia una specifica capacità per l'utilizzo di essa.
Con il secondo motivo, denunziando violazione e falsa applicazione dell'art. 2049 c.c. in relazione all'art. 360, n. 3, c.p.c., il ricorrente si duole che la Corte d'Appello abbia omesso di considerare che la responsabilità ex art. 2049 c.c. risposa sul cosiddetto rischio d'impresa, rischio che faceva carico al Comune di Como, essendo quest'ultimo a trarre utilità dall'attività commissionata: sicché, a prescindere dalla qualificazione del contratto, responsabile era comunque da ritenere ex art. 2049 c.c. il Comune di Como.
Quanto poi all'affermazione che il Crippa non risultava inserito nell'organizzazione comunale, evidente appariva l'errore in cui era incorso il giudice di secondo grado, dovendosi fare riferimento ad un inserimento di mero fatto.
Occorre premettere che, delle due fasi del procedimento di qualificazione di un contratto - l'una consistente nella ricerca e nella individuazione della comune volontà dei contraenti e l'altra concernente l'inquadramento della comune volontà così accertata nello schema legale corrispondente - la prima configura un tipico accertamento di fatto riservato al giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, mentre la seconda risolvendosi nell'applicazione di norme giuridiche, può formare oggetto di verifica in sede di legittimità con riferimento sia alla descrizione del modello della fattispecie legale sia alla rilevanza giuridica qualificante degli elementi di fatto in concreto accertati (cass. 26 giugno 1996, n. 5893, cass. 26 aprile 1990, n. 3485).
Il vizio dedotto dalla ricorrente con il primo mezzo si riferisce in modo puntuale all'ultima delle ipotesi testé indicate, da essa contestandosi (come visto) che, ai fini della qualificazione del contratto come noleggio, rilevasse la non attinenza degli ordini dei dipendenti comunali (cioè del Comune di Como) al compimento delle manovre necessarie per garantire la stabilità del veicolo e la conseguente sicurezza delle persone, restandone in tale modo individuata la fattispecie della locazione.
La doglianza è fondata.
La Corte territoriale considerò da principio che gli ordini concernenti la scelta degli alberi e le modalità di esecuzione dei lavori erano impartiti dai tecnici comunali, mostrando di ritenere per tale via - con l'ingerenza di questi ultimi sull'opera svolta dal Crippa utilizzando l'autoveicolo in questione - la sussistenza di un'ipotesi di locazione di cosa. Rilevò, tuttavia, che gli ordini non comprendevano le manovre dell'automezzo, con particolare riguardo alla salvaguardia della stabilità di esso e della sicurezza delle persone; e, attribuendo a tale circostanza un'evidenza determinante nel discrimina fra le due fattispecie contrattuali, ritenne infine di qualificare il rapporto come noleggio.
È da escludere, peraltro, che la riferita circostanza possa decisivamente valere a qualificare il rapporto nel senso già indicato.
Basti invero considerare, a tale fine, che - nel caso di locazione di una macchina di particolare complessità, la cui utilizzazione richieda una specifica competenza tecnica - sarebbe da rifiutare tale ipotesi contrattuale sol perché il locatario non dia (non sia in grado di dare) istruzioni in ordine al suo corretto e sicuro funzionamento: il che è francamente inammissibile, nella misura in cui la natura di un contratto dipenderebbe esclusivamente dalla particolare natura dell'oggetto.
Il fatto è piuttosto che, in corrispondenza dell'acquistata detenzione della cosa mobile, l'ingerenza del locatario, esplicata attraverso le opportune direttive ed istruzioni al personale del locatore in ipotesi addetto alla manovra del bene, deve intendersi riferita al concreto lavoro da svolgere e quindi ai risultati dell'utilizzazione della cosa (che costituisce, ex latere conductoris, la funzione economico-sociale del negozio), e non pure alle modalità di utilizzo di questa in sé, dato il carattere meramente strumentale dell'opera del personale medesimo.
Conseguentemente, il giudice d'appello - che, nel distinguere la «scelta degli alberi» dalle «modalità di esecuzione dei lavori», intese evidentemente riferirsi, con quest'ultima espressione, secondo il significato delle parole, (non già all'oggetto del rapporto, identificato dalla prima, bensì) ad un'ipotesi di direzione tecnica finalizzata ai risultati dell'utilizzazione della cosa - incorse nel vizio di violazione di norme e principi giuridici applicando al caso concreto l'ipotesi normativa del noleggio.
Deve invero enunciarsi il principio secondo cui sussiste locazione di cosa mobile e non noleggio nel caso in cui taluno, nel fruire del risultato dell'utilizzazione d'un bene mobile altrui (autoveicolo con braccio oleodinamico), s'ingerisca - con ordini impartiti al personale del concedente distaccato per il concreto utilizzo della cosa, entrata in tale modo nella sua detenzione - nelle modalità di esecuzione dell'opera da compiere con essa, senza che rilevi a tale fine il fatto che non impartisca ordini concernenti le modalità tecniche di impiego del bene onde assicurarne la stabilità e garantire, conseguentemente, la sicurezza delle persone che vi lavorano.
Per queste considerazioni, si deve annullare in parte qua la sentenza gravata, in quanto inficiata dal vizio denunciato (restando assorbito il secondo mezzo).
Il giudice di rinvio, che si designa in altra sezione della Corte d'Appello di Milano, dovrà attenersi, nel riesaminare la fattispecie, al principio di diritto sopra enunciato.
Lo stesso giudice provvederà anche al regolamento delle spese di questo grado del giudizio.
P.Q.M.
Accoglie per quanto di ragione il ricorso; cassa in relazione e rinvia, anche per le spese di questo giudizio, ad altra sezione della Corte d'Appello di Milano.
Così deciso in Roma, addì 6 giugno 1997, nella camera di consiglio della III sezione civile della corte di cassazione.
DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 3 NOVEMBRE 1997.