Cassazione: matrimonio di breve durata? L'assegno divorzile è ugualmente dovuto

Cass. Civ. Sez. I, 4 febbraio 2009, n. 2721.
La breve durata del matrimonio è elemento che influisce sulla quantificazione dell’assegno divorzile ma non sul diritto a percepirlo.
Mercoledi 13 Maggio 2009

Svolgimento del processo

Con ricorso depositato il 24 Aprile 2001 il sig. A. F. chiedeva che il Tribunale di Bologna dichiarasse la cessazione degli effetti civili conseguenti alla trascrizione del matrimonio concordatario celebrato il omissis con M. F., allegando la mancata consumazione, ex art. 3, secondo comma, lettera F) della legge 1 Dicembre 1970, n. 898 (Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio).

Assumeva altresì non esservi i presupposti per la concessione dell'assegno divorzile, data l'autosufficienza economica di entrambi; e in subordine chiedeva dichiararsi la separazione con addebito alla moglie, che si era negata a qualsiasi rapporto intimo, allontanandosi di casa dopo appena una settimana dalla celebrazione del matrimonio, senza mai occuparsi della gestione familiare.

Costituitasi ritualmente, la convenuta eccepiva la consumazione del matrimonio e contestava i fatti ex adverso allegati. In via riconvenzionale, chiedeva dichiararsi la separazione con addebito al marito, l'assegnazione della casa coniugale e la corresponsione di un assegno di mantenimento.

Dopo l'assunzione di prova testimoniale, il Tribunale di Bologna, con sentenza 29 Dicembre 2004, in accoglimento dalla domanda, dichiarava la cessazione degli effetti civili ex art. 3, comma 2, lettera F) della legge n. 898/1970 e rigettava la domanda di assegno divorzile, in considerazione della brevità estrema della convivenza e della mancanza di prova del tenore di vita goduto.

Condannava la convenuta alla rifusione delle spese processuali.

In accoglimento parziale del successivo gravame, la Corte d'appello di Bologna, con sentenza 25 Maggio 2005, poneva a carico del F. un assegno divorzile di euro 250,00 mensili, con decorrenza dalla data della decisione, e compensava interamente tra le parti le spese di entrambi gradi di giudizio.

 

Motivava

- che era da condividere l'accertamento dell'inconsumazione del matrimonio operato dal Tribunale di Bologna sulla scorta di risultanze probatorie e di presunzioni correttamente desunte; - che, per contro, il diniego dell'assegno divorzile era stato erroneamente fondato sulla brevità estrema della

convivenza e sulla mancanza di prova del relativo tenore di vita: circostanze inidonee, alla luce della disparità di reddito documentata, ad escludere il diritto della M., di cui non era stato provato il denunziato intento utilitaristico nel contrarre matrimonio;

- che peraltro la brevità del rapporto di coniugio influiva sull'entità dell'assegno, determinato in euro 250,00 da rivalutare annualmente.

Avverso la sentenza notificata il 24 Giugno 2005 proponeva ricorso per cassazione, notificato il 3 ottobre 2005, il F., deducendo

1) la violazione dell'art. 5 della legge n.898/1970 e l'omesso esame di un punto decisivo della controversia, perché la M. non aveva assolto l'onere della prova della propria impossidenza e della inadeguatezza dei suoi mezzi economici a conservare il tenore di vita goduto durante la convivenza matrimoniale;

2) la carenza e contraddittorietà della motivazione laddove si affermava che il F. fosse proprietario di un appartamento con garage, che invece aveva alienato, come risultava dai moduli per denuncia dei redditi prodotti;

3) il vizio di contraddittorietà tra dispositivo e motivazione giacché in quest'ultima il diritto all'assegno divorzile era fatto decorrere dal passaggio in giudicato della sentenza di scioglimento del matrimonio, non ricorrendo ragioni per retrodatarlo alla proposizione della domanda, laddove nel dispositivo esso aveva decorrenza dalla data della decisione.

Resisteva con controricorso, illustrato da successiva memoria la M.

All'udienza del 17 Dicembre 2008, il P.G. e i difensori precisavano le rispettive conclusioni come da verbale, in epigrafe riportate.

 

Motivi della decisione

(...)

Con il primo motivo si deduce la violazione dell'art. 5 della legge n. 898/1970 e l'omesso esame di un punto decisivo della controversia.

Il motivo è infondato.

La Corte d'appello di Bologna non si è limitata a contestare il criterio della estrema brevità della convivenza familiare adottato dal giudice di primo grado di Bologna, ma si è altresì soffermata sull'analisi della adeguatezza, o no, dei mezzi della M., raffrontandone il tenore di vita in costanza di matrimonio con quello successivo alla separazione: in tal modo, pervenendo alla conclusione, correttamente motivata sulla base della sensibile disparità dei redditi, del suo deterioramento sopravvenuto al divorzio.

Né ha omesso, comunque, di apprezzare la breve durata del matrimonio, liquidando l'assegno divorzile in misura assai inferiore al petitum.

Non vi sono lacune o vizi logici nell'impianto argomentativo della sentenza, contestato dal ricorrente sulla base di valutazioni difformi delle risultanze istruttorie, aventi natura di merito, che non possono trovare ingresso in questa sede.

(...)

 

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