La sproporzione tra i redditi non legittima di per sé un assegno divorzile

La sproporzione tra i redditi non legittima di per sé un assegno divorzile
La Corte di Appello di Palermo, con la sentenza n. 1902 del 22/12/2015, nell'ambito di un procedimento di divorzio, in riforma della decisione di primo grado, revoca l'assegno in favore della ex moglie, non ritenendone sussistenti i presupposti di legge.
Martedi 12 Gennaio 2016

La Corte di Appello di Palermo ha riformato la sentenza del Tribunale, che aveva posto a carico dell'ex marito l'obbligo di corrispondere un assegno mensile di € 250,00 alla ex moglie, osservando che in materia di assegno divorzile e tenore di vita in costanza di matrimonio occorre tener presente alcuni principi, in ragione della specificità dei singoli casi:

  1. innanzitutto, la determinazione dell'assegno divorzile, che ha comunque natura assistenziale ed è fondato sull'obbligo di solidarietà post-coniugale, è indipendente dalle statuizioni economiche operanti in regime di separazione dei coniugi: l'attribuzione o meno dell'assegno divorzile non può fondarsi sul rilievo che negli accordi di separazione i coniugi avevano pattuito o escluso l'obbligo di mantenimento della moglie, dovendo, comunque, il giudice procedere alla verifica delle attuali condizioni economiche delle parti in relazione al pregresso tenore di vita coniugale.

    Di conseguenza non rileva nel giudizio di divorzio che in sede di separazione consensuale le parti avessero convenuto il pagamento mensile di un assegno a carico del marito.

  2. Per i giudici di appello, il Tribunale, se da un lato ha correttamente ricostruito le condizioni economiche delle parti e la loro evoluzione nel tempo, dall'altro, nel valutare la sproporzione tra gli attuali redditi dei coniugi, non ha ben applicato i principi in essere.

    Infatti, osserva la Corte, all'epoca della separazione, la donna lavorava precariamente percependo un reddito mensile oscillante tra Lire 400.000 e Lire 800.000, mentre l'ex marito era dipendente della Polizia di Stato; oggi, invece, la situazione è cambiata per entrambi, in quanto l'ex marito ha un figlio nato dall'unione con un'altra donna e percepisce un reddito annuo lordo di € 37.994,00, mentre l'ex moglie, a far data dal 2006, ha una occupazione stabile, percepisce un reddito annuo lordo pari a € 18.303,00 ed è proprietaria dell'appartamento nel quale abita.

  3. Pertanto, le condizioni economiche della donna devono considerarsi idonee a garantirle un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio e paragonabile a quello cui la stessa avrebbe potuto aspirare se non fosse intervenuta la separazione.

    Del resto, aggiunge la Corte territoriale, l'attività lavorativa stabilmente esercitata quale dipendente costituisce circostanza che garantisce alla ex moglie di mantenere, con le proprie capacità e sostanze, lo stile ed il tenore di vita cui la stessa avrebbe potuto aspirare se, da lavoratrice precaria quale era in epoca precedente alla separazione, avesse continuato ad essere la moglie di un impiegato della Polizia di Stato.

  4. Infine, per i giudici di appello è in concreto irrealizzabile l'aspirazione a non vedere minimamente intaccato il proprio tenore di vita anche a seguito della separazione: è invece inevitabile per entrambi gli interessati un certo deterioramento delle rispettive condizioni quale effetto diretto della separazione, ove si ponga mente anche alla duplicazione di tutte quelle voci di spesa fissa che se i coniugi non si fossero separati, sarebbero state affrontate sinergicamente, così consentendo ai coniugi di ritagliare una porzione di reddito da destinare alla complessiva qualificazione del tenore di vita.

  5. Peraltro, ad abundantiam rileva anche la breve durata del matrimonio, che non ha potuto quindi avere una efficacia condizionante sulla formazione del patrimonio familiare.

Testo della sentenza.

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